Tra un mese (circa) uscirà negli States la versione cinematografica di In the electric mist (ne abbiamo già parlato: https://jamesleeburke.wordpress.com/2007/10/22/locchio-del-ciclone-sul-grande-schermo/). Ora iniziano a circolare foto dalle riprese: basti vedere il sito ufficiale di Burke per averne una bella passerella (www.jamesleeburke.com). Ne scegliamo una sola (photo by Dawn Jones, 2007 Electric Mist Joint Venture) perché ci permette di vedere bene in volto Tommy Lee Jones nei panni di Dave Robicheaux. In sua compagnia ci sono Peter Sarsgaard (Elrod T. Sykes), Randy Austin (St. Clare Parish) e Gerald Scott (alla guida di un air boat) impegnati nel bajou alla ricerca delle spoglie di DeWitt Prejean. L’occhio del ciclone uscirà in Italia molto più avanti, spero comunque entro il 2008. Personalmente trovo Tommy Lee molto meno “fighetto” del Baldwin già visto al cinema nei panni di Robicheaux, e quindi lo preferisco. Cosa ne pensa James Lee Burke? Nei prossimi giorni la sua risposta….

Il tenente Robicheaux del dipartimento di polizia di New Orleans “nasce” con Pioggia al Neon e – per fortuna – non è ancora morto vent’anni dopo. Ha un soprannome, Streak, ed è un personaggio poco malleabile, da qualsiasi parte lo si prenda. Non è a casa sua nemmeno nella polizia e non a caso già alla fine del primo libro, si dimette dalla polizia: “Con il tempo ho imparato che il punteggio va avanti da solo. Tu continui a tenere sotto pressione il battitore, poi un giorno alzi la testa e guardando il tabellone scopri con piacevole stupore che il tuo punteggio è aumentato”. Ama il blues e ne ha una conoscenza-esperienza comune a tutti coloro che vivono in Louisiana. Riflettendo su Golden chain di Blind Lemon Jefferson, dice tra sè e sè: “Mi chiesi come mai solo i neri sembravano trattare realisticamente la morte nelle loro produzioni artistiche. I bianchi ne scrivevano come fosse un’astrazione, la usavano come strumento poetico, se ne preoccupavano solo quando era lontana. La maggior parte delle poesie di Shakespeare e Frost sulla morte sono state scritte quando erano ancora giovani. Quando Billie Holiday, Blind lemon Jefferson o Leadbelly cantavano della morte, sentivi il cane del fucile del secondino, vedevi una figura nera appesa ad un albero e alle sue spalle un sole tinto di rosso….”.
Nel team dei commissari-detective-PI della letteratura, Robicheaux entra saltando la fase della panchina, delle riserve: è subito lì a giocare in serie A, con Maigret, Nestor Burma, Sam Spade e Philip Marlowe. Vive modestamente, si cura del suo fisico, apprezza la cucina della sua terra, cerca di star lontano dall’alcool e non sviene per ogni sottanella che gli passa davanti. Conserva la forte presenza di un padre (scomparso) autentico e sincero. Non è “schierato”. Non ha amici: l’unico “compagno” è (almeno i nquesto primo libro) piuttosto ambiguo. Ha combattuto in Vietnam. Conosce pregi e difetti dell’animo umano e per questo non giudica “a priori”, ma lascia giudicare Dio.
Già: Dave ha qualcosa di assolutamente imprevisto e insolitamente nuovo, è cattolico. Come Jim Burke che l’ha creato. Non so perché, ma questo è un elemento che me lo fa sentire fuori da qualsiasi standard precedente. E per questo lo amo di più. Quando il richiamo dell’alcool si fa forte, Dave se ne torna sulla sua houseboat e si dice un rosario. Più tardi prega “Dio Onnipotente, no nmi abbandonare, anche se io Ti ho abbandonato”. E mentre l’epilogo giunge per lui come per il mafioso DidiGee Giacano pensa “se non manteniamo le promesse che facciamo a Dio, perché dovremmo mantenere quelle fatte agli amici e ai superiori?”. Che ci fa un detective violento con il rosario in mano? Siamo dalle parti della Leggenda del Santo bevitore di Joseph Roth.
Dave ha un difetto, evidente e colossale: non ha senso dell’umorismo. Non è Marlowe, che spesso discute con assassini o mandanti con il sorriso sulle labbra e nemmeno Grave Digger, risate e calibro 9. Dave si porta sempre sulle spalle il peso immane della sua esistenza barcollante e del mondo, ovunque vada e chiunque incontri. Credo sia il segno di quanto partecipata sia l’esistenza del suo autore.